martedì 20 maggio 2014

La Fine del Calore o Diestro

Come precedentemente accennato il diestro individua quella fase del ciclo in cui l’ormone predominante è il progesterone, poiché prodotto in grandi quantità dai corpi lutei. A seconda che sia avvenuta o meno la fecondazione si parla di un diestro gravidico e un diestro non gravidico, detto pseudogravidanza.
Nella gatta il diestro gravidico, o meglio la gravidanza, si protrae per circa 60 giorni, mentre nella cagna per 63-65 giorni. diestro-gatta
Durante questa fase le manifestazioni tipiche del calore cessano definitivamente: la vulva ritorna al suo aspetto normale, lo scolo vaginale è assente o può diventare ematico-purulento per pochi giorni. Dal punto di vista comportamentale la femmina rifiuta il maschio e diventa più docile e tranquilla.
Nella cagna e nella gatta in diestro il progesterone subisce un forte aumento: nella cagna dopo 15-30 giorni dal picco di LH arriva ad una concentrazione di 15-90 ng/ml, mentre nella gatta il picco di progesterone (> 20 ng/ml) è raggiunto 20-25 giorni dopo l’accoppiamento. Nell’animale non gravido raggiunti questi valori, il progesterone decresce gradualmente fino a concentrazioni basali di 1-2 ng/ml al termine del diestro non gravidico (75° giorno per la cagna; 30-40° giorno per la gatta).
LA CAGNAdiestro-cane
Nella cagna il progesterone viene prodotto unicamente dai corpi lutei e non dalla placenta, questo significa che i valori di questo ormone restano gli stessi, sia essa gravida oppure no, fino al 60° giorno dopo il picco di LH (cioè 10 ng/ml). In seguito la discesa dell’ormone è più lenta nell’animale non gravido.
LA GATTA
Nella gatta, gravida o no, l’andamento del progesterone è sovrapponibile fino al 25° giorno post-accoppiamento. In seguito nel soggetto non gravido l’ormone decresce fino al 30-40° giorno, mentre nell’animale gravido si stabilizza intorno a valori di 5-10 ng/ml e scende maggiormente dopo il 60° giorno.
Indipendentemente dalla presenza di una gravidanza, nella gatta il calore riprende circa 7-10 giorni dopo la luteolisi (degenerazione dei corpi lutei), anche se il riposo sessuale può comparire durante l'allattamento e si protrae per 2 o 3 settimane dopo lo svezzamento. Al termine di questo poi se la stagione è riproduttiva, la gatta presenterà il calore in un intervallo di tempo compreso tra 10 e 27 giorni, altrimenti entrerà nella fase di riposo sessuale per tutta la stagione.diestro2
Al termine del diestro i contemporanei calo del progesterone e aumento della prolattina possono stimolare lo sviluppo delle mammelle e la produzione di latte anche in femmine non gravide, per cui si parlerebbe di una condizione patologica detta “pseudogravidanza” o “falsa gravidanza”. Questa patologia è particolarmente ricorrente in soggetti timidi o remissivi, e questo è spiegato dal fatto che in branco solo i soggetti dominanti possono riprodursi, mentre le altre femmine si sincronizzano in modo da essere pronte per l'allattamento dei cuccioli in caso di necessità.
In realtà, secondo l'esperienza di molti, nella gatta non ci sono quasi mai dei sintomi riferibili a tale patologia. Individuare l'inizio del diestro può essere importante se il proprietario non desidera che la propria cagna rimanga gravida, poiché da questo momento in poi tutte le modificazioni ormonali e organiche renderanno impossibile l'instaurarsi di una gravidanza.
Oppure può essere interessante individuare il primo giorno di diestro di una cagna che si è accoppiata per stabilire esattamente il giorno in cui partorirà.
L'ultima fase del ciclo è l'anestro che coincide con il riposo sessuale fino alla ricomparsa del calore successivo.
 
Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello    
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Il Calore o Estro

La seconda fase del ciclo ovarico coincide con l’estro: questo è il momento in cui la femmina accetta l’accoppiamento con il maschio.
LA GATTA Nella gatta questa fase dura dai 7 ai 9 giorni. L’atteggiamento della gatta in estro è simile a quello presentato durante il proestro, ma più accentuato: emette vocalizzazioni più frequenti, rotolamenti, calpestii con le zampe posteriori, intensi strofinamenti della testa e deviazione della coda: in questo modo infatti la gatta espone la vulva per l’accoppiamento accovacciandosi con la parte anteriore premuta contro il pavimento e sollevando la parte posteriore.
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Nella gatta l’accoppiamento è più rapido e violento: il maschio morde il collo della femmina e, pedalando con gli arti posteriori, sfiora i fianchi della compagna inducendola ad esporre l’area genitale. Avvenuto l'accoppiamento dopo una pausa di circa 10 minuti la femmina è di nuovo recettiva per altri accoppiamenti (anche 4-5 in un’ora!!) con lo stesso partner o con partner diversi.
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Dal punto di vista ormonale, la gatta presenta un quadro diverso dalla cagna. Infatti nella cagna il picco di LH e l'ovulazione avvengono prima dell'accoppiamento. Nella gatta invece l'ormone LH viene rilasciato gradatamente in dosi sempre maggiori ad ogni accoppiamento avvenuto. Quindi più accoppiamenti si hanno e più elevata sarà la dose di LH necessaria perché avvenga l’ovulazione. Il picco di LH nella gatta dura molto poco: 4-16 ore. In questa specie il progesterone si mantiene a livelli standard fino al momento dell’ovulazione, per poi aumentare dopo 24-48 ore: momento in cui i follicoli, una volta rilasciate le cellule uovo, si trasformano in corpi lutei. In una gatta che non si accoppia l’ormone rimane a livelli basali.
Per questo anche nella gatta un buon criterio per il monitoraggio del calore è il dosaggio del progesterone.
Quindi alla fine in base ai dati raccolti tramite la lettura dei vetrini e il dosaggio del progesterone ematico, si decide quali devono essere i giorni precisi nei quali la femmina può accoppiarsi con il maschio o è pronta per l'inseminazione artificiale. Questa attenta valutazione medica permette al proprietario di poter gestire facilmente il calore della propria cagna in modo da non perdere la possibilità che rimanga gravida e che partorisca una bella cucciolata.
Dopo la fase estrale la cagna e la gatta entrano nella terza fase del ciclo: il diestro, caratterizzato dalla presenza di una gravidanza o meno.
 
Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello     
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Il Proestro: Inizio del Calore

LA CAGNA Il proestro è la fase del ciclo in cui la cagna inizia a manifestrae i segni tipici del calore che con il passare dei giorni saranno sempre più evidenti. La durata del proestro è di circa 9 giorni. Durante questa fase la vulva subisce un aumento di volume, appare allungata, turgida e iperemica (arrossata). Inoltre sono presenti le caratteristiche perdite vulvari di color rossastro che segnano proprio l'inizio del proestro.
vulva vulva1
                  Vulva normale                                           Vulva ingrossata
La cagna può mostrarsi agitata, nervosa, con la tendenza a vagabondare e a marcare il territorio con le urine. In questa fase la cagna inizia ad esercitare una certa attrazione sui maschi, ma si nega alla monta allontanandosi dal compagno o respingendolo. Se la cute circostante la vulva viene adeguatamente stimolata, si possono osservare tre riflessi: contrazioni vulvari, deviazione della coda e l'abbassamento del posteriore. vulva-gatta
LA GATTA Nella gatta il proestro è molto breve: dura 1-2 giorni, ed è identificabile soltanto in pochi soggetti che lo manifestano con il continuo strofinamento della testa e del collo contro qualsiasi oggetto e con l'emissione di vocalizzi. La femmina, pur non essendo ancora pronta per l'accoppiamento, esercita già un intenso richiamo nei confronti del maschio. A differenza della cagna, nella gatta non sono presenti modificazioni macroscopiche a livello dei genitali esterni, anche se a volte può essere presente un lieve edema (aumento di volume).
                     Vulva ingrossata in una gatta in calore
LA PAROLA ALLA FISIOLOGIA Dal punto di vista fisiologico, questa fase del ciclo è caratterizzata dallo sviluppo dei cosiddetti follicoli ovarici: strutture che si sviluppano nell'ovaio e che portano a maturazione la cellula uovo, in modo tale da renderla fecondabile. I follicoli durante questa fase producono estrogeni grazie all'influenza di due ormoni secreti dall'ipofisi (LH e FSH).
Nella cagna in questa fase del ciclo i follicoli produrranno estrogeni (estradiolo) in modo crescente fino al raggiungimento di un picco (cioè la quantità massima prodotta) che si avrà in tardo proestro. Questi ormoni sono alla base delle variazioni comportamentali e organiche osservate durante questo periodo. Inoltre l'estradiolo stimola il rene e il tratto genitale, a produrre feromoni: sostanze volatili che hanno la funzione di attirare i maschi.
Un altro ormone, detto progesterone, ha un ruolo importante nel ciclo estrale.
Nella cagna questo ormone rimane a livelli basali (standard <1-2 ng/ml) fino alla fine del proestro, momento in cui inizia ad aumentare comportando la rottura dei follicoli, in modo tale che venga liberata la cellula uovo. In questo modo il follicolo privato di questa comincia a subire dei cambiamenti che lo porteranno a diventare corpo luteo: un'altra struttura particolare che secerne gli ormoni tipici della gravidanza.
follicolo
Sviluppo dei follicoli e della cellula uovo Quindi mentre il progesterone aumenta, gli estrogeni diminuiscono, e questo è fondamentale perchè la femmina accetti l'accoppiamento.
Dal punto di vista ormonale nella gatta invece il picco di estrogeni descritto sopra non viene raggiunto in tardo proestro come nella cagna, ma viene raggiunto ancora più tardi, quando inizierà la fase del pieno calore. Inoltre nella gatta il progesterone non varia nella sua quantità, ma rimane a livelli basali per tutta la durata del proestro. Il proestro, sia nella cagna che nella gatta, ha termine nel momento in cui la femmina si concede al maschio permettendo l'accoppiamento. Per capire in che fase del ciclo si trova una femmina, oltre alle manifestazioni comportamentali e organiche, si possono osservare le variazioni che avvengono a livello delle cellule della mucosa cervicale (tratto compreso tra vagina e utero). In particolare, studiamo l'aspetto delle cellule per individuare il momento dell'ovulazione che nella cagna si ha a fine proestro. In questo modo saremo poi in grado di stabilire quali sono i giorni fecondi nei quali può avvenire l'accoppiamento. Questo aspetto verrà approfondito maggiormente nel prossimo articolo dove tratteremo della fase del calore vero e proprio: l'estro.

Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello
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venerdì 2 maggio 2014

Disturbi Intestinali

I segni clinici del disturbo gastrointestinale (GI) comprendono diarrea e vomito, perdita di peso e appetito variabile. Le cause delle comuni enteropatie acute includono un'alimentazione sconsiderata, infezioni, l'ingestione di alimenti "guasti" e la diarrea indotta da farmaci. Le cause delle comuni enteropatie croniche includono patologie infiammatorie intestinali (IBD), insufficienza pancreatica esocrina (EPI), allergie alimentari, infezioni, diarrea indotta da un eccessivo sviluppo di batteri o da terapia antibiotica, ostruzioni parziali e neoplasia. I meccanismi principali che contribuiscono all'insorgere della diarrea sono quattro: forze osmotiche, l'aumento dell'attività secretoria, l'aumento della permeabilità e l'alterazione della motilità. Spesso tutti e quattro concorrono allo sviluppo della dissenteria, ma nella maggior parte dei casi le attività osmotiche e secretorie sono i due meccanismi principali. Laddove sia presente un'allergia alimentare, una dieta ipoallergenica (ad esempio Canine HA) può guarire completamente il disturbo. In altre enteropatie acute o croniche, la scelta di una dieta adeguata è fondamentale per trattare alcune concause della diarrea, soprattutto il contributo osmotico dei nutrienti non digeriti. 
IL DISTURBO DELL'INTESTINO TENUE Indipendentemente dalla causa scatenante, la maggior parte dei disordini dell'intestino tenue è associata a malassimilazione di lieve entità (maldigestione e/o malassorbimento). Tale malassimilazione fa sì che le sostanze nutritive non vengano digerite o assorbite nel lume GI e attraggano osmoticamente l'acqua, contribuendo attivamente all'insorgere della diarrea. I nutrienti non assorbiti possono fungere anche da substrato per uno sviluppo indesiderato di batteri. I metaboliti batterici stimolano un aumento dell'attività secretoria nell'intestino e inoltre contribuiscono allo scatenamento della diarrea osmotica. La fermentazione batterica dei grassi non digeriti è inoltre responsabile della produzione di idrossi acidi grassi che contribuiscono alla ritenzione dei liquidi nel lume intestinale e possono provocare una motilità intestinale anomala.
I PROBLEMI DI ASSIMILAZIONE DEI GRASSI NEI DISTURBI DELL'INTESTINO TENUE Questi disordini comportano spesso la compromissione della digestione e dell'assorbimento dei grassi:
• In genere il 90% dei grassi dietetici è composto da trigliceridi a lunga catena (LCT), che sono difficili da digerire e assorbire.
• La digestione dei LCT avviene in 8 fasi e richiede sia gli acidi biliari che la lipasi pancreatica.
• L'assorbimento dei grassi avviene principalmente attraverso le cellule epiteliali all'apice dei villi, che sono le cellule più predisposte alle lesioni della mucosa.
La riduzione del contenuto di grassi dietetici per i cani affetti da disturbi GI può quindi produrre numerosi benefici, tra cui:
• Prevenzione dello svuotamento gastrico ritardato, spesso causa di vomito.
• Miglioramento del consumo calorico, poiché viene evitata la malassimilazione dei grassi.
• Limitazione della quantità di grassi malassorbiti che vengono fermentati in idrossi acidi grassi.
• Limitazione del malassorbimento dei grassi associato a IBD, EPI, linfangectasia ecc.
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Ma la riduzione del consumo dei grassi da sola potrebbe non essere sufficiente per trattare le enteropatie. È indispensabile che altri ingredienti della dieta siano altamente e facilmente digeribili. Inoltre, la riduzione dei grassi rischia di accompagnarsi a un maggior contenuto di carboidrati che, se non vengono digeriti completamente, potrebbero contribuire a scatenare la diarrea osmotica e a un aumento dell'attività batterica.

Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello    
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Identikit del Riproduttore

Quando si decide di far accoppiare due soggetti, è sempre meglio rivolgersi ad un medico veterinario, meglio ancora se specialista del settore. Infatti di un soggetto riproduttore dovranno essere valutati i seguenti punti:
-SEGNALAMENTO, cioè il suo identikit (razza ed età nello specifico)
-ESAME DELLE CONDIZIONI GENERALI
-ESAME PARTICOLARE DELL'APPARATO GENITALE
I due elementi fondamentali per l'identikit di un soggetto riproduttore sono la razza e l'età dell'animale. Vi sono infatti delle razze maggiormente predisposte a presentare patologie o anomalie genitali che si ripercuotono sulla fertilità dell'animale.
L'età è un altro fattore molto importante da considerare in quanto incide parecchio sulla qualità dell'attività riproduttiva. Infatti soggetti di età avanzata risultano più predisposti a patologie che possono comprometterne la fertilità. Nel maschio anziano per esempio ricorrono maggiormente le patologie prostatiche e testicolari, mentre nella femmina anziana ricordiamo la maggior insorgenza di endometriti e cisti ovariche, nonchè la maggior predisposizione a parti lunghi e difficoltosi dove spesso è necessario l'intervento del veterinario (parti distocici).
Inoltre si devono considerare anche una serie di patologie che pur non interessando direttamente la sfera riproduttiva possono comunque comprometterla. Per esempio le patologie articolari possono influenzare l'efficienza della monta nel maschio; invece le patologie endocrine e l'obesità possono alterare la libido sia nel maschio che nella femmina.
Dopo aver identificato il riproduttore, deve essere fatta un'anamnesi approfondita che comprende la storia clinica (profilassi vaccinale, malattie pregresse, eventuali interventi) e la storia riproduttiva (frequenza, durata e ciclicità dei calori, numero di accoppiamenti, parti ).
A questo punto si può procedere con la visita dell'animale in modo da accertarne il buono stato di salute ed escludere eventuali patologie che si potrebbero ripercuotere sulla sua fertilità. Inoltre i riproduttori di razze soggette a specifiche patologie devono essere testati per escludere la presenza di tali malattie prima di venire adibiti alla riproduzione.
Dopo questo importante iter investigativo si può procedere con la visita specialistica vera e propria che comprende l'ispezione e la palpazione degli organi genitali esterni.
 
Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello
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Ulcera Indolente

Con il termine “ulcera indolente” si intende una serie di difetti corneali che colpiscono il solo epitelio (ovvero lo strato più esterno della cornea) e che hanno la tendenza a non guarire normalmente o spontaneamente.
La persistenza di tali difetti è dovuta alla mancata aderenza dell’epitelio allo stroma sottostante. Proprio per il fatto che coinvolge il solo strato epiteliale viene anche detta “erosione”. Questo tipo di patologia viene definita “indolente” per la sua scarsa tendenza alla guarigione, ma non si deve pensare che non causi dolore, anzi: il dolore in questo tipo di lesioni è anche maggiore rispetto ad altre, dal momento che le terminazioni nervose sensoriali sono proprio superficiali.
L’incidenza di queste erosioni superficiali è molto frequente nel cane e nel gatto. Di solito viene colpito un occhio solo.
La causa iniziale può risiedere in un trauma corneale di lieve entità: una volta creatasi una soluzione di continuo, l’epitelio corneale tende a guarire normalmente ma non aderisce in modo corretto allo strato di cornea sottostante (lo stroma).
La lesione tende, per questo motivo, a riulcerarsi spontaneamente o per azione dell’ammiccamento. Questo porta, da un punto di vista sintomatologico, a periodi di manifestazione dolorosa intervallati da periodi di apparente normalità.
La cornea può apparire lievemente edematosa, spesso il margine della lesione è rilevato e ribaltato. Il test della fluoresceina è positivo e spesso può accadere di notare che l’area che viene colorata è più ampia dell’area erosiva visualizzata, a testimonianza che lo scollamento epiteliale è più ampio del visibile. Questo tipo di erosioni tendono a rimanere superficiali e non si osservano lesioni collagenolitiche: se ciò dovesse verificarsi deve essere interpretato come un segno di peggioramento della lesione.
Nell'ultimo articolo è stato affrontato il tema delle ulcere indolenti: vediamo ora come affrontare questa patologia da un punto di vista terapeutico.
Molte terapie sono state suggerite per velocizzare la guarigione delle erosioni epiteliali indolenti (o ulcere indolenti). La terapia di tipo medico si basa sull'utilizzo di antibiotici somministrati topicamente e/o sistemicamente: la scelta ricade generalmente sulle tetracicline, anche per l'azione che questi antibiotici hanno nei confronti delle metalloproteinasi, implicate nella fisiopatologia della condizione. Un altro antibiotico a largo spettro utilizzabile è, ad esempio, la tobramicina. In caso di spasmo ciliare si può associare un midriatico cicloplegico, quale l'atropina, per ridurre il dolore. Il protocollo medico viene associato a pulizia chirurgica (debridement) e cheratotomia. La pulizia consiste nell'asportazione dell'epitelio non adeso o lassamente adeso allo stroma sottostante con un cotton fioc asciutto: in alcuni casi lo scollamento dell'epitelio è così esteso da arrivare alla totale rimozione dell'epitelio corneale. Il debridement è una tecnica che può facilitare la guarigione corneale, soprattutto nei casi più recenti e che non hanno ancora una storia cronica del difetto. Tale procedura è l'unica consigliata nel gatto, ove procedure più aggressive quali la cheratotomia punctata o radiata, potrebbero comportare l'insorgenza di complicazioni come i sequestri corneali. Alla pulizia con cotton fioc può seguire la cheratotomia radiata (a griglia) o puntata: lo scopo di questa procedura è danneggiare lo strato superficiale dello stroma esposto per consentire il riattaccamento del nuovo strato epiteliale.cheratotomia a griglia
Per eseguire questa procedura può essere necessaria una leggera sedazione : la cheratotomia viene eseguita con un ago sterile 23-25G. Con la punta dell'ago vengono tracciati alcuni solchi superficiali paralleli che vanno almeno 1-2 mm al di là del margine disepitelizzato. Si eseguono poi una serie di solchi perpendicolari ai primi in modo tale da disegnare una griglia sulla superficie della cornea interessata dalla lesione.
La cheratectomia superficiale è una soluzione ideale, ma più invasiva, e viene pertanto riservata a quelle condizioni in cui la guarigione non avviene dopo le terapie standard.
Prima del ritorno a casa del paziente, occorre che il proprietario sia ben istruito riguardo l'insorgenza di eventuali segni di peggioramento nei giorni successivi, quali blefarospasmo, scolo, colorazione bluastra o giallastra della lesione: questo per poter affrontare in tempo eventuali complicazioni.
 
Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello
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Il monitoraggio del Diabete nel Gatto

Il monitoraggio svolge un ruolo primario nel controllo del paziente diabetico e deve essere fatto a step a seconda della risposta del singolo paziente.
   
Dopo la prima settimana di terapia:
- se i sintomi migliorano si mantiene lo stesso dosaggio di insulina e si effettuano misurazioni a domicilio della glicemia possibilmente a 6-8 ore dalla somministrazione
- se i sintomi migliorano e la glicemia è < 150 mg/dl si può diminuire il dosaggio di mezza unità, passare alla somministrazione ogni 24 ore o sospendere la terapia e ricominciarla eventualmente con un dosaggio di mezza unità più basso solo alla ricomparsa dei segni clinici o della glicosuria
- se i sintomi persistono o peggiorano bisogna valutare attentamente la tecnica di somministrazione; se     questa risulta adeguata è necessario considerare un aumento della dose di 2 UI
- se compaiono ketonuria o polineuropatia periferica e il gatto non ha appetito è necessario escludere malattie sottostanti che possono peggiorare la condizione diabetica
Durante il primo mese di terapia: - a casa misurare settimanalmente la glicemia dopo 6-8 ore dall’insulina e utilizzare strisce reattive per il controllo di glicosuria e ketonuria. Se la glicosuria risulta negativa considerare la possibilità di una remissione del diabete.
- in clinica, solo se non è possibile il monitoraggio a casa, effettuare la misurazione della glicemia a 6-8 ore dall’insulina, valutare attraverso un esame urine i livelli di glicosuria e ketonuria e considerare l’esecuzione di una curva glicemica se i sintomi persistono o peggiorano.
Dopo circa un mese dall'inizio del trattamento devono essere rivalutati anamnesi, esame obiettivo, peso corporeo,analisi delle urine e fruttosamine e il dosaggio deve essere modificato in base ai risultati ottenuti. Se la glicemia non sembra controllata devono essere indagate eventuali patologie sottostanti.
Tutti gli esami devono essere ripetuti 2-3 volte all'anno.
 
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I Linfociti

Oggi apriamo il capitolo dei leucociti mononucleati parlando di linfociti.
linfociti1
Queste cellule hanno caratteristiche peculiari ed esclusive che le differenziano molto dagli altri leucociti, prima tra tutte la capacità di dividersi e circolare nuovamente tra sangue e tessuti. La singolarità dei linfociti, in realtà, si nota sin dalla dalla loro produzione (linfopoiesi): essa non avviene esclusivamente nel midollo osseo ma anche in organi cosiddetti “linfoidi” che fungono, tra l'altro, da siti di deposito di tali cellule: timo, linfonodi, milza, oltre allo stesso midollo osseo.
I linfociti, insieme ai monociti, rappresentano la classe dei leucociti mononucleati: hanno un nucleo piuttosto grande, solitamente tondeggiante e con cromatina grossolanamente addensata. Il citoplasma è, in proporzione, molto meno abbondante del nucleo e contiene granuli anche se in numero decisamente minore rispetto a quello dei polimorfonucleati. Hanno dimensione solitamente piccola (poco più grandi dei globuli rossi) o media a seconda del tipo di linfocita che stiamo osservando. Possiamo annoverare diverse classi di linfociti: linfociti B, linfociti T e linfociti NK (natural killer); i primi due non sono distinguibili visivamente all'osservazione di uno striscio di sangue colorato con metodi standard, mentre i NK appaiono come linfociti granulari. La maggior parte di queste cellule risiede, come sopra detto, negli organi linfoidi (in primis i linfonodi), mentre solo una piccola percentuale risulta circolante. A seconda della specie animale e di una certa variabilità individuale circa il 50-75% dei linfociti ematici è costituito dai linfociti T, il 10-40% dai B mentre le cellule NK rappresentano il 5-10%. La vita media dei linfociti è generalmente molto più lunga di quella dei granulociti: per i linfociti T e alcuni B, detti cellule della memoria, si parla addirittura di anni.
linfociti3 
Come precedentemente accennato, i linfociti sono in grado di “andare e venire” tra sangue e tessuti, contrariamente agli altri globuli bianchi: è stato calcolato che entrano in un nuovo organo o tessuto linfoide ogni uno o due giorni. Oltre alle classiche sedi sono in grado di localizzarsi anche nella cute, nella mucosa intestinale e nei polmoni. Per realizzare questo “vai e vieni” continuo, oltre al sangue, essi sfruttano un'altra via di diffusione: il circolo linfatico. Si tratta di un sistema di vasi analogo al torrente ematico che trasporta un altro tipo di fluido detto linfa: il dotto toracico è il canale della via linfatica col calibro maggiore e rappresenta il punto di congiunzione tra essa ed il circolo sanguigno, sboccando in esso all'altezza del cuore. In linea generale per “uscire” dal sangue e andare ai tessuti/organi di deposito i linfociti usano i vasi ematici, mentre per realizzare il processo inverso si avvalgono del circolo linfatico.
 
I linfociti sono le principali sentinelle difensive dell'organismo. 
Ricordiamo, per chiarezza, che i linfociti hanno la particolare capacità di passare dal sangue ai tessuti (e viceversa) in seguito a stimoli specifici, di cui parleremo a breve, che li inducono a replicarsi in sedi anche differenti dal midollo osseo (organi linfoidi) ed ad intraprendere un percorso (via linfatica) mirato a riversarli nel sangue. Esistono diverse classi di linfociti: T, B, natural killer (NK) e cellule dendritiche linfoidi derivanti tutte da un'unica cellula progenitrice comune, di provenienza midollare, che può andare incontro a differenti tipi di trasformazioni.
linfocita gatto
I linfociti B sono i principali responsabili della cosiddetta risposta immunitaria umorale (risposta antigenica) a cui partecipano, in realtà, anche i T, le cellule dendritiche e i macrofagi (quest'ultimi non trattati nel nostro percorso ematologico). Per immunità umorale si intende quel processo “difensivo” dell'organismo messo in atto nel momento in cui viene rilevata la presenza di organismi (virus, batteri ecc) o sostanze considerate “estranee”: il sistema immunitaria riconosce come “non-self” i suddetti perché espongono delle proteine sulla membrana chiamate antigeni differenti da quelle di appartenenza dell'ospite “invaso”. Contro questi antigeni, dopo una serie di complicati meccanismi in cui vengono coinvolte secondo precise sequenze le cellule sopra nominate, i linfociti B , trasformatisi prima in immunoblasti poi in plasmacellule, producono gli anticorpi (immunoglobuline) che si legano agli antigeni estranei con l'obbiettivo di “eliminare o rendere innocuo” l'intruso!. I linfociti B non si limitano soltanto a tale azione immediata ma, per così dire, sono in grado di “ricordare” gli antigeni contro cui hanno agito in passato e, ogni volta che li incontreranno, reagiranno replicandosi e producendo nuovi anticorpi contro questi.
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I linfociti T, invece, sono i protagonisti di un altro meccanismo difensivo denominato: risposta immunitaria cellulo-mediata. In questo tipo di reazione i linfociti non producono immunoglobuline che a loro volta devono essere trasportate contro gli antigeni estranei, ma migrano essi stessi al sito da difendere. L'intervento dei linfociti T e di questo tipo di risposta avviene in seguito a reazioni di citotossicità, di ipersensibilità ritardata o in casi di rigetto dopo trapianti (i nuovi organi vengono riconosciuti come estranei e contro di essi si scatena tale forma di difesa).
I linfociti NK, infine, possono intervenire anche senza aver identificato precedentemente antigeni estranei e lo fanno andando esse stesse contro la cellula bersaglio, provocandone la morte.
 
Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello
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La Laser Terapia per le Piaghe da Decubito


MLS Laser Terapia nelle piaghe da decubito e nelle ferite aperte. 

La gestione delle ferite e delle piaghe rappresenta un grosso capitolo della fisioterapia sia nell’uomo che negli animali. Nei traumi molto spesso si hanno delle ferite che devono rimarginarsi per seconda intenzione: vanno quindi trattate come ferite aperte. 
Molti pazienti ortopedici e neurologici necessitano di lunghi periodi di degenza associati a decubito permanente. L’incapacità a muoversi di questi pazienti può portare allo sviluppo di piaghe da decubito. Le ferite e le piaghe che si formano sulle prominenze ossee molto spesso esitano in ritardi di guarigione dovute all’ischemia determinata dalla compressione.
Altre condizioni, come ad esempio lesioni neurologiche (paralisi), vascolari (malattie che causano una cattiva circolazione sanguigna), metaboliche (diabete mellito o iperadrenocorticismo ) , e la malnutrizione, possono aumentare il rischio per lo sviluppo di piaghe da decubito. 




Le piaghe in medicina veterinaria si sviluppano generalmente in pazienti che non possono o non vogliono cambiare posizione.
Le sedi anatomiche in cui si rilevano principalmente le lesioni sono:
- tuberosità ischiatica
- grande trocantere
- calcaneo
- malleolo laterale della tibia
- bordo laterale delle zampe

Il miglior trattamento consiste nella prevenzione ma purtroppo non sempre è attuabile e a volte pur con tutte le precauzioni le ulcere si formano ugualmente. La piaghe da decubito rappresentano una grave causa di morbilità e mortalità anche nell’uomo.
A livello internazionale sono stati sviluppati diverse classificazioni delle piaghe da decubito, una delle più utilizzate è quella della NPUAP che può essere utilizzata sia in umana che in veterinaria. 


Le piaghe vengono suddivise in quattro stadi: 

- stadio 1: Eritema stabile della pelle (non lacerata) non reversibile alla digito pressione, lo stadio 1 preannuncia l’ulcerazione della pelle.
 
- Stadio 2: Ferita a spessore parziale con ulcera superficiale e si preannuncia clinicamente come un abrasione, una vescica o una leggera cavità.
 
- Stadio 3: Ferita a tutto spessore che implica danno o necrosi del tessuto sottocutaneo e che si può estendere fino alla fascia sottostante ma senza attraversarla. L’ulcera si presenta come una profonda cavità con o meno canalizzazioni.
 
- Stadio 4: Ferita a tutto spessore con estesa distruzione dei tessuti, presenza di necrosi o danno ai muscoli, ossa o altre strutture.
Il trattamento di queste lesioni si presenta lungo ed indaginoso. 
 
Negli ultimi anni sono state messe a punto nuove procedure che preveduno tempi di guarigione ridotti utilizzando la laser terapia in associazione alle terapie classiche.
Negli ultimi 30 anni ci sono state numerose segnalazioni che indicano il potenziale di biostimolazione del laser come facilitante ila guarigione delle ferite aperte e delle piaghe.
In vitro la laser terapia facilita la sintesi del collagene, la mobilizzazione dei cheratinociti, il rilascio dei fattori di crescita, la trasformazione dei fibroblasti in miofibroblasti e un accerato processo di angiogenesi. 
Molti autori degli studi clinici hanno segnalato i vantaggi del laser a basso livello nel trattamento coadiuvante nei disturbi della cicatrizzazione anche in pazienti con problemi metabolici come ad esempio il diabete.
Si iniziano a trovare lavori che valutano positivamente la laser terapia nel cane e nel gatto come adiuvante le classiche procedure applicate in casi di piaghe da decubito o ferite che devono guarire per seconda intenzione.
La guarigione delle ferite è rappresentata da un complesso percorso biologico che deve seguire un determinato ordine: fase infiammatoria, fase di proliferazione-riepitelizzazione e poi il rimodellamento. 


La durata di ogni fase varia a seconda della ferita ed è influenzata da molti fattori che agiscono su tutti i mediatori chimici coinvolti nel processo. Citochine, fattori di crescita e altri componenti cellulari possono esprimere la loro azione sia in modo positivo che negativamente. 
 
Nelle ferite a tutto spessore può capitare che i processi non procedano in modo ordinato e che l’infiammazione cronica, le infezioni ripetute esitino in una contrazione cicatriziale che prolunga notevolmente i tempi di guarigione. 
 
 La laser terapia MLS è stata pensata per stimolare i normali processi riparativi con diversi meccanismi:
- vasodilatazione che aumenta l’apporto di nutrienti e fattori di crescita a livello della sede trattata.
- Attiva i fibroblasti e aumenta la sintesi di collagene.
- Stimola la rigenerazione cellulare.
- Aumenta il drenaggio linfatico.
- Riduce l’incidenza di ipercheratosi a livello della cicatrice 
 
Normalmente consigliamo la laser terapia MLS in associazione a presidi terapeutici topici e sistemici tradizionali. La terapia modulare deve essere valutata caso per caso e adeguata alle effettive necessità del paziente.
Le sedute di laser terapia generalmente possono essere giornaliere nella prima settimana poi effettuate a giorni alterni. Le applicazioni laser non sono invasive e vengono ben tollerate da tutti i pazienti. Generalmente il cane od il gatto possono rimanere sdraiati o accovacciati con il proprietario durante il trattamento. 

Articolo a cura della Clinica Veterinaria Borgarello
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Laserterapia Veterinaria


LASER è l’acronimo di Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation (amplificazione di luce per mezzo di un’emissione stimolata di radiazioni). Il laser è ampiamente applicato nel campo della medicina umana e veterinaria e la gamma di patologie che vengono trattate con il i laser a bassa potenza risulta piuttosto vasta.

La laserterapia è una terapia fisica che utilizza la luce per produrre effetti terapeutici e benefici laser sull’organismo.Il raggio laser viene veicolato con un trasduttore sulla pelle affinché l’energia luminosa venga assorbita dal tessuto dove interagisce con varie molecole dette cromofori, portando a diversi effetti biologici.
 
La terapia laser e` una tecnica terapeutica non invasiva, indolore e di semplice applicazione. I principali effetti terapeutici della luce laser utilizzati nella terapia dei piccoli animali sono l’effetto antinfiammatorio, l’effetto analgesico, l’effetto antiedemigeno e l’effetto biostimolante. Tutti queste azioni benefiche sono prodotte dagli effetti biologici indotti dalla radiazione laser a livello cellulare e tissutale.
 
L’interazione della radiazione laser a livello tissutale può produrre tre tipi di effetti biologici:
  1. effetto fotochimico
  2. effetto fototermico
  3. effetto fotomeccanico


laser-terapia-veterinaria
 

Effetto fotochimico
Le reazioni fotochimiche, conseguenti all’assorbimento dell’energia da parte dei cromofori, possono produrre processi fotobiologici complessi che si traducono principalmente nell’aumento di produzione di ATP, nell’incremento nella sintesi delle proteine e degli acidi nucleici, nell’attivazione enzimatica e nell’aumento del turnover metabolico.L’ATP rappresenta la fonte energetica della cellula, per intenderci la sua benzina, il trattamento con il laser porta ad una maggior sintesi dell’ATP ed una maggior disponibilità di energia a livello cellulare. Questo facilita il recupero funzionale e morfologico in caso di danni provocati da processi infiammatorie degenerativi o da eventi traumatici.


Effetto fototermico
Gli effetti fototermici derivano dalla conversione dell’energia ottica in calore: si è visto che a livello terapeutico, gli incrementi di temperatura fino a 42° promuovono gli effetti anabolici, analgesici e antinfiammatori sui tessuti. L’effetto termico riesce ad aumentare la velocita` di molte reazioni biochimiche, indurre una moderata vasodilatazione, con un maggior apporto di ossigeno e sostanze nutritive ai tessuti. Parallelamente determina una aumentata velocita` di rimozione dei cataboliti inoltre il calore induce un rilassamento locale dei tessuti con un conseguente effetto analgesico.


Effetto fotomeccanico
L’effetto fotomeccanico deriva dall’effetto fototermico e induce nella matrice extracellulare delle modificazioni che si traducono in stimoli in grado di stimolare le cellule e favorire i processi di guarigione. L’aumento della peristalsi linfatica provocata dall’effetto fotomeccanico facilita il drenaggio degli edemi di origine infiammatoria e la riattivazione del microcircolo tissutale. L’ossigenazione dei tessuti trattati risulta maggiore.


Ma lasciamo questa parte teorica per vedere clinicamente perché possono essere utilizzati i laser terapeutici e tramite quali azioni svolgono i loro effetti benefici. Dalla somma di queste azioni derivano tutti i campi e le indicazioni di utilizzo di queste terapie.
  • Azione antinfiammatoria: grazie alla stimolazione biologica dei tessuti con l’aumento dell’eliminazione dei cataboliti, la vasodilatazione con incremento dell’apporto di ossigeno e sostanze nutritizie, e la stabilizzazione delle membrane cellulari.
  • Azione antidolorifica: aiutando il drenaggio (grazie alla vasodilatazione) delle sostanze algogene a livello delle terminazioni nocicettive e incrementando la produzione di sostanze morfino-mimetiche quali endorfine ed encefaline che hanno già di per sé attività analgesica.
  • Azione biostimolante: migliorando i processi energetici cellulari e incrementando i processi riparativi dei tessuti e la produzione di collagene.
  • Azione antiedemigena: aumenta il drenaggio da parte dei linfatici delle sostanze edemigene.
Vediamo quali possono essere le indicazioni terapeutiche della laser terapia:
 
Artrosi dell’anca
Artrosi del ginocchio
Artrosi del gomito
Artrosi della spalla
Cistite idiopatica
Contrattura muscolare
Dermatite interdigitale
Edemi
Ematomi
Ferite cutanee
Ferite cutanee infette
Ferite cutanee estese
Fistole perianali
Gengiviti
Granulomi da leccamento
Granulomi lineari
Otiti acute e croniche
Piaghe da decubito
Post-operatorio tessuto molli
Post-operatorio nelle fratture
Post-operatorio chirurgie osteo/articolari
Protrusioni discali
Sieromi
Spondilosi/spondiloartrosi
Strappi/stiramenti muscolari

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Laser MLS


La Clinica Veterinaria Borgarello ha deciso di dotarsi di un dispositivo laser MLS per poter offrire un servizio sempre all’avanguardia ai suoi pazienti e nell’ottica di garantire trattamenti che tutelano il benessere animale.


La Laserterapia MLS® (Multiwave Locked System) è una tecnica terapeutica all’avanguardia, ideata da un’azienda italiana, le cui caratteristiche di emissione sono state studiate per migliorare l’efficacia terapeutica del laser a bassa potenza.
Questa nuova tecnologia utilizzata da più di dieci anni in medicina umana è finalmente diventata disponibile in campo veterinario e garantisce sicurezza del trattamento con terapie rapide e mirate al risultato.
I dispositivi per la Laserterapia MLS®, brevettati in Italia e negli USA dalla ASAlaser, sono approvati dall’FDA americano che riconosce a questa metodica caratteristiche di efficacia e sicurezza.
 
Sincronia:
L’impulso MLS® è generato da un sofisticato sistema ad emissione continua e pulsata, sincronizzata e combinata, di più emissioni coerenti con diverse lunghezze d’onda in grado di giungere in profondità nei tessuti.
La sincronizzazione delle emissioni potenzia in modo sinergico gli effetti terapeutici che ciascuna di esse avrebbe se utilizzata singolarmente.
Sinergia per dare come effetti terapeutici: effetto antidolorifico, antinfiammatorio e antiedemigeno.
L’effetto antiedemigeno e antinfiammatorio è legato alla modulazione della permeabilità di vasi linfatici e capillari ed all’eliminazione delle molecole che favoriscono la flogosi. Inoltre il maggior apporto di ossigeno e di sostanze nutritizie ai tessuti promuove i processi riparativi.
L’effetto analgesico si sviluppa agendo sulle terminazioni nocicettive con innalzamento della soglia del dolore e la modulazione del potenziale d’azione delle fibre. Sinergicamente il calore determina una iperemia che promuove il drenaggio delle sostanze algogene.

Armonia: 
Diverse emissioni dallo specifico effetto terapeutico collaborano in un mix sinergico. Un avanzato sistema di controllo, il Multiwave Locked System, brevettato da ASAlaser, garantisce la sincronizzazione delle emissioni e la loro modulazione secondo schemi ottimali d’intervento. L’effetto terapeutico risultante è armonico e portatore di molteplici benefici con assenza di stress per il paziente.
 




Assenza di stress:
I cicli terapeutici risultano essere non invasivi e ottimamente tollerati dai pazienti. La durata della seduta terapeutica risulta molto breve in modo da non risultare stressante per il paziente: sia esso gatto che cane. L’assenza di fenomeni stressanti si ripercuote favorevolmente sulla facilità di impiego e sulla disponibilità del soggetto ai trattamenti successivi.
 

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Il Tamponamento Cardiaco

Il tamponamento cardiaco è una delle emergenze più gravi e con alto rischio di morte della pratica di pronto soccorso. Il tamponamento cardiaco è definito come un inadeguato riempimento ventricolare in seguito all’aumento della pressione intrapericardica causata dall’accumulo iperacuto o cronico di liquido nel sacco pericardico. La pressione del liquido pericardico è talmente alta da determinare una compressione sul cuore con gravi effetti clinici ed emodinamici.

Le cause di tamponamento cardiaco possono essere:
  • Pericardite emorragica idiopatica (benigna)
  • Rottura atriale
  • Pericardite settica ( corpo estraneo infezione batterica, fungina o virale)
  • Neoplasia cardiaca
  • Coagulopatie
SEGNALAMENTO E SEGNI CLINICI
I segni clinici di tamponamento cardiaco si sviluppano quando la pressione intrapericardica tende a raggiungere la pressione atriale destra.  I segni clinici che accompagnano il tamponamento cardiaco includono: letargia, debolezza, anoressia, ascite, collasso, a volte dispnea e tachipnea da versamento pleurico o addominale. Alla visita clinica solitamente è presente ipotermia, tachicardia, polso venoso giugulare disteso e pulsante, polso femorale ipocinetico e variabile con le fasi del respiro ( polso paradosso ) e toni cardiaci attutiti all’auscultazione, mucose pallide e tempo di riempimento capillare prolungato, e spesso tachipnea con respiro superficiale. Il versamento pericardico è osservato più comunemente nei cani che hanno un’età uguale o superiore a cinque anni e nella maggior parte dei casi presenta un’eziologia idiopatica o neoplastica. Tra i cani, le razze di grossa taglia sono interessate con maggiore frequenza ed è stata individuata una predisposizione di razza nei Pastori Tedeschi e nei Golden Retriever nei confronti dello sviluppo dell’emangiosarcoma e del versamento emorragico pericardico idiopatico. Anche le razze brachicefale sono predisposte ai versamenti pericardici quale conseguenza allo sviluppo del chemodectoma. Nei gatti il versamento pericardico è meno frequente e la causa più comune è rappresentata dalla peritonite infettiva felina (FIP). Per la diagnosi oltre ai dati clinici, anamnestici e fisici, si deve ricorrere alle indagini diagnostiche quali ECG, radiografie ed ecocardiografie.
ECG
L’elettrocardiogramma riporta bassi voltaggi del QRS, alternanza elettrica, anomalie della ripolarizzazione, tachicardia sinusale e occasionali ectopie ventricolari e sopraventricolari.
RADIOGRAFIA
All’esame radiologico riscontriamo un aumento omogeneo dell’ombra cardiaca con perdita di contorno delle camere cardiache, i margini dell’ombra cardiaca uniformemente arrotondati fino ad assumere una forma sferica con limite definito ( segno pericardico), la trachea dislocata dorsalmente, distensione della vana cava caudale, epatomegalia e ascite. I campi polmonari ipoperfusi con riduzione di calibro dei vasi arteriosi e venosi lobari. Spesso è presente anche versamento pleurico.
ECOCARDIOGRAFIA
All’esame ecocardiografico riscontriamo la presenza di uno spazio anecogeno compreso tra l’epicardio ed il pericardio, un movimento cardiaco anomalo, il collasso dell’atrio destro, collasso del ventricolo destro, riduzione delle dimensioni del ventricolo sinistro, pletora cavale e riduzione inspiratoria delle velocità dei flussi mitralici e aortico.
TERAPIA
Il tamponamento cardiaco è una reale emergenza cardiovascolare e necessita di una pericardiocentesi immediata al fine di ridurre il più rapidamente possibile la pressione intrapericardica, aumentando la gittata cardiaca. Nonostante i segni clinici da insufficienza cardiaca congestizia, sono assolutamente controindicati i diuretici che, riducendo il volume circolante, peggiorano il tamponamento a parità di pressione intrapericardica. Se il paziente è instabile e presenta segni di shock cardiogeno è necessaria una fluidoterapia endovenosa con soluzioni cristalloidi al dosaggio dello shock prima e durante la pericardiocentesi.
PERICARDIOCENTESI
Eco-assistita, in decubito laterale destro il punto di repere è nell’emitorace destro tra il 4°-5° spazio intercostale. E’ neccessario radere il pelo e preparare chirurgicamente un’area cutanea di dimensioni adeguate. Si utilizza un ago in teflon o ago spinale ( 16-18 G per il cane, 19 G per il gatto). La pericardiocentesi si è dimostrata curativa in circa il 50% dei casi di versamento emorragico idiopatico ed è indicativo ripetere la procedura se il versamento si riforma. La pericardiocentesi è considerata invece una manovra palliativa quando il versamento è di origine neoplastica. La valutazione diagnostica del versamento pericardico raccolto include l’ematocrito e l’indagine citologica. Sei risultati del l’indagine citologica suggeriscono una componente infiammatoria è opportuno effettuare l’esame colturale e l’antibiogramma.
PERICARDIECTOMIA
Nei pazienti in cui il versamento idiopatico continua a formarsi in seguito alla pericardiocentesi e questa sia stata ripetuta più di due volte, si raccomanda di effettuare la pericardiectomia subtotale.
Questa procedura si è dimostrata curativa per il trattamento dei versamenti ricorrenti. La pericardiectomia può essere di beneficio clinico anche nei pazienti che presentano un versamento causato da una neoplasia. Per questo è molto importante effettuare controlli di routine dal vostro medico veterinario e nel caso effettuare indagini diagnostiche più specifiche.


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Le Tachicardie Sopraventricolari

Le tachicardie sopraventricolari sono disturbi del ritmo caratterizzati da frequenza ventricolare maggiore di 180 battiti per minuto e complessi QRS stretti. TACHICARDIA SINUSALE
La tachicardia sinusale è un disturbo del ritmo causato da un esaltato normale automatismo delle cellule del nodo del seno che scaricano impulsi elettrici ad una frequenza superiore alla norma.
tachicardia sinusale

Le caratteristiche elettrocardiografiche sono quelle del ritmo sinusale (onde P con asse sinusale, intervallo PQ normale e costante) con una frequenza cardiaca superiore ai limiti della norma.
TACHIARITMIE DA DEPOLARIZZAZIONE PREMATURA Avviene quando un sito ectopico atriale o nodale (giunzionale) si depolarizza con una frequenza superiore a quella del nodo senoatriale. Si osserva frequentemente nel cane in corso di mixomatosi mitralica con rigurgito cronico, dove il miocardio atriale sinistro, iperteso, diventa l’ origine del focolaio di scarica. E’ caratterizzata da un complesso rapido che appare di morfologia normale ma che anticipa in maniera evidente il normale intervallo R-R. Può essere presente o meno un’ onda P e, nel caso ci sia, può essere normalmente orientata o negativa e di configurazione non usuale e può seguire il QRS. E’ molto difficile, talvolta impossibile, stabilire con certezza la diagnosi differenziale tra atriale e nodale. Dalla contrazione precoce al successivo battito sinusale può esserci un intervallo uguale all’R-R normale (pausa non compensatoria), maggiore (pausa compensatoria) o minore (intercalare) e dipende dallo stato di refrattarietà del miocardio in quel momento.
TACHICARDIA ATRIALE FOCALE
La depolarizzazione prematura, generalmente, non necessita di terapia. Nel rigurgito cronico bisogna migliorare l’ emodinamica. I farmaci attivi nelle forme premature atriali sono la digitale, i β-bloccanti e i calcioantagonisti.
FIBRILLAZIONE ATRIALE La fibrillazione atriale è un disturbo del ritmo caratterizzato da un’attivazione atriale non coordinata con conseguente deterioramento della funzione meccanica atriale.
FIBRILLAZIONE ATRIALE
La fibrillazione atriale è il disturbo del ritmo più frequentemente riscontrato nel cane di grossa taglia e nei soggetti in cui, a causa di patologie cardio-strutturali sottostanti, le camere atriali raggiungono dimensioni tali da consentite lo sviluppo e la perpetuazione delle numerose onde micro-rientranti. L’elettrocardiogramma in corso di fibrillazione atriale è caratterizzato da assenza di onde P sostituite da onde f di fibrillazione con una frequenza compresa fra 400 e 600 onde al minuto. Il numero di onde f che riesce ad attraversare per l’intera lunghezza il nodo atrioventricolare ed ad attivare il miocardio ventricolare viene denominato risposta o penetranza ventricolare. I complessi QRS appaiono stretti con intervalli R-R irregolari.
          
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